I classici sono mattoni
Sì, perché hanno il peso liberatorio di ciò che ha sempre una risposta da darci.
È «un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», dice Italo Calvino, ma è anche la canzone del cuore, il film che non smettiamo di riguardare, quel quadro che vorremmo appendere in camera.
Per dar voce ai “mattoni” della letteratura – e non solo – indaghiamo la definizione di classico insieme a scrittori, intellettuali, voci della cultura, lettori.
Qui e sui social vi racconteremo tutti i modi di intendere i classici!
Tutto questo in attesa del Festival del Classico,
rassegna ideata per illuminare
con i pensieri di ieri la riflessione sull’oggi,
dal 29 novembre al 4 dicembre.
E per te che cos’è un classico?
Raccontacelo a classico@circololettori.it
Risponde Marco Belpoliti, scrittore e critico letterario, direttore editoriale di Doppiozero e curatore del nostro Scarabocchi. Il mio primo festival
Parola a Maurizio Blatto, il nostro crooner preferito del giornalismo musicale, firma storica di «Rumore», spacciatore di vinili (anche, ma non solo, nel suo storico negozio torinese di dischi Backdoor)
Voce al teologo Vito Mancuso, grande amico del Circolo e di Torino Spiritualità, le cui idee e opere suscitano sempre notevole attenzione da parte del pubblico. Il suo ultimo libro è I quattro maestri (Garzanti).
Risponde Nadia Terranova, autrice di romanzi, raccolte di racconti, saggi e libri per ragazzi, fra cui Omero è stato qui (Bompiani), Gli anni al contrario (Einaudi) e Addio fantasmi (Einaudi).
Parla Nicola Campogrande, compositore. La sua musica è eseguita in tutto il mondo, dal Teatro alla Scala alla Wigmore Hall di Londra, dalla Philharmonie di Parigi al Bimhuis di Amsterdam, da Cracovia a Melbourne e Berlino. Direttore artistico di MITO SettembreMusica, il suo ultimo libro è Capire la musica classica (Ponte alle Grazie).
Risponde Simone Regazzoni, allievo di Jacques Derrida e praticante dell’Arte marziale tradizionale coreana Hwa Rang Do. Ha scritto, tra gli altri, Jacques Derrida: Il desiderio della scrittura (Feltrinelli), La palestra di Platone (Ponte alle Grazie) e La filosofia di Harry Potter (Ponte alle Grazie).
Parla Daniele Mencarelli, poeta e scrittore. Le sue raccolte principali sono Guardia alta (Niebo-La vita felice), Bambino Gesù (Nottetempo), figlio (Nottetempo), La Croce è una via (Edizioni della Meridiana), Storia d’amore (Collana Gialla PordenoneLegge, Lietocolle). La casa degli sguardi (Mondadori) è il suo primo romanzo.
Risponde Silvia Avallone, scrittrice di Acciaio (Rizzoli, premio Campiello opera prima) e, sempre con Rizzoli, Marina Bellezza e Un’amicizia.
le risposte dei lettori
Che cos’è un classico? Eh sì, bella domanda. Ma la risposta non è difficile: un classico è un libro che coniuga al meglio ambiti diversi della letteratura. Un “vero” classico non sarà mai un romanzo storico che si sviluppi esclusivamente tra date ed eventi (avremo magari un bel saggio, non certo un classico), né un romanzo d’amore che parli solo d’amore. Facciamo un esempio? Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Si, certo, c’è la vicenda amorosa tra il bello spiantato Tancredi Falconeri e la neoricca (per via del padre, prototipo del mafioso) ed ignorantella Angelica, non per nulla nipote, per parte di madre, di Peppemmerda. Ma sulla storia d’amore fra i due (quanto vero amore e quanto interesse invece di ciascuno dei due per i “benefit” dell’altro, tanto diversi fra loro – ricchezza e prestigio del nome – da avvilupparsi alla perfezione tra loro?) si innesta ed a mio avviso prevale, senza soffocare la prima, la vicenda dell’unione dell’Italia vista dalla parte storicamente soccombente, che impartisce alla fine una lezione con i fiocchi (quale senso diverso attribuire al colloquio finale tra il Principe Fabrizio d il Cavaliere di Chevalley?) al sabaudo conquistatore. “Noi fummo i Gattopardi” scrive Tomasi di Lampedusa, interprete del grido che la sua terra, stupenda e sconfitta, lancia “contro” i piemontesi, ma altrettanto certa (e la “Historia” le dà ragione) della sua divina inscalfibilità.
Franco T
La prima volta che ho incontrato un classico di classici ne avevo già letti diversi. Ma quella frase di Zeno Cosini – “La vita non è né bella né brutta, ma è originale”- mi ha fatto luce sul mio tortuoso cammino: non c’era da disperarsi né da esaltarsi ma solo da stare in guardia per l’originalità delle invenzioni dell’esistenza. Ecco: Il classico è quello che mi accende la luce e mi fa intravedere qualche barlume di senso in questa vita complessa. Il classico non è quello che mi apre ad altre vite che non sono la mia – visto che la mia è persino troppa per me e ne regalerei volentieri un pezzetto – ma è quello che mi fa sembrare il tutto meno insensato, mi guida negli abissi, risponde a qualche
domanda da cui ne rampollano altre mille. è quello che spreme un concentrato di senso: il rimorso è un morso della coscienza, il pensier su cui rampolla il pensier da sé dilunga il segno, niuna corrotta mente intese mai sanamente parola, o nostra folla mente ch’ogni aura di fortuna estolle, comanda chi può e obbedisce chi vuole, cotidie mori, quanto piace al mondo è breve sogno. E così via. è quello che ti porta ad altri classici e l’impressione è che si tengano e ti tengano per mano, aldilà del tempo e dello spazio, in una comunità dove ti senti a casa.
Anna
All’interno di un accattivante gioco di etimologie, nel mio immaginario lego “classico” più che all’etimo sociologico elitario, la “classis” del “civis romanus” che svetta tra tutti gli altri per il suo censo, al termine che nei vocabolari dal latino all’italiano, sotto la voce “classis”, incontriamo per primo, “flotta”. Ecco, i classici sono la mia flotta, al cui comando nel corso del tempo finora vissuto si sono succeduti vari ammiragli. Le navi/libri/musiche/opere d’arte che la compongono mi hanno consentito e mi consentono di navigare mantenendo la rotta di essere umano.
Concetta
È come il papà o la mamma, qualcosa che c’è sempre stato e poi sempre ci sarà nella testa e nel cuore per correggermi, e spalancare porte. Per insegnarmi a leggere.
Alessandra
Opere che mi piace ricordare, rileggere, conservare. Per sempre. A ciascuno le sue.
Stefania J.
Il classico è il libro che mi fa intravedere qualche barlume di senso in questa vita complessa.
Anna T.
I classici sono i libri, ma non solo, che mi consentono di navigare mantenendo la rotta di essere umano.
Concetta M.
I classici sono come avere un ombrello a portata di mano,
quando la pioggia ti sorprende.
ivana_dl
I classici sono lezioni di vita da tenere nel cuore.
@rosellinaterranova
I classici hanno il dono di essere attuali sempre.
@andreatoelisa
I classici sono quei libri che ti restano nel cuore.
@giusmaiolo
Il classico è un pozzo che non finisce mai e uno specchio che ci rimanda la nostra immagine più bella.
@paolapallino
Sono mattoni perché servono a costruire, ci fanno arrivare più in alto e più lontano.
@claragalvagni
Per me, uomo quasi di strada, l’aggettivo “classico” ai nostri giorni, pur considerando il suo remoto passato, dice tutto e dice niente in quanto non c’è più, a mio avviso, un distinguo letterario e mi vien da dire anche culturale in quanto tutto ciò che leggiamo, vediamo o interpretiamo seconda la nostra ragione più o meno intellegibile è comunque tutto un classico, comunque… sempre ambiguo. sempre relativo e mai assoluto!
V. P